Carmen e Alpidio Balbo, fondatori del «Gruppo missionario» di Merano, che da 34 anni si occupa di Africa, mi raccontano «una piccola storia su Padre Pio», che dicono di considerare “vero miracolo”: Eccola.
Il 22 novembre scorso vengono per la prima volta, con amici di Merano, a vedere la tomba del Santo di Pietrelcina. «Due giorni prima della partenza - racconta Alpidio – ricevevo una telefonata da una nostra vecchia benefattrice de l’Aquila, che mi comunicava la morte del marito, il quale aveva lasciato una piccola eredità al «Gruppo Missionario», di cui avrei potuto venire in possesso soltanto alla morte di lei. Questa persona l’avevo conosciuta almeno 20 anni prima, quando il marito mi aveva regalato i soldi per la costruzione di una scuola, che feci a Tabligbo, in Togo».
Carmen e Alpidio approfittano del viaggio a San Giovanni Rotondo per fare un salto a L’Aquila, e ringraziare della futura eredità.
«La signora mi fa vede il testamento e – a sorpresa mi porta in banca. Dall’atteggiamento del direttore, capisco che è stato preparato qualcosa e ripenso alla preghiera che avevo fatto a Padre Pio prima di partire da San Giovanni Rotondo: che oltre ad assistermi nel viaggio, mi facesse anche la grazia di trovare qualcosa per i bambini, o per la costruzione dei pozzi perché nel 2004, a causa della crisi, nel bilancio venivano a mancare circa 50.000,00 euro. Fu per me una sorpresa enorme ascoltare la signora che, davanti al direttore che le chiedeva quanto avrebbe dovuto consegnarmi, disse di farmi un assegno di 50.000,00 euro».
Alpidio è “sconvolto” dalla coincidenza tra l’ammanco di bilancio e il dono inaspettato. Ma non è finita: «Mentre il direttore prepara l’assegno, gli racconto la mia storia e lui immediatamente vuole adottare un bambino a distanza, consegnandomi 165,00 euro. Infine l’autista che mi aveva accompagnato, viaggiando per ben 7 ore insieme, mi dimezzerà l’importo che avevamo pattuito e vorrà il mio indirizzo per potermi seguire e continuare a darmi una mano».
Persino un negoziante di San Giovanni Rotondo – poveri negozianti da tutti vituperati! – si fa benefattore: «Recandomi in un negozio, per acquistare qualcosa di locale, mi presento dicendo che sono un missionario che viene per la prima volta da Padre Pio, faccio dono di un libro e quando chiedo il conto il negoziante non vuole nulla e chiede l’indirizzo per potermi sostenere» .
Da una decina d’anni mi considero un “amico a distanza” di Carmen e Alpidio, che sono tra le persone pili generose che conosco. Da 34 anni si occupano dell’Africa – come amano dire “in nome del Vangelo”.
All’ origine c’è una conversione. Alpidio va in Africa per una vacanza, vede la fame e le malattie, non riesce a dimenticare i bambini moribondi e cambia vita: ritrova la fede, lascia la piccola azienda commerciale di cui è titolare, trascina la sposa e i figli in un’avventura impensabile.
L’affiatamento e la complicità spirituale della coppia è straordinario. Carmen e Alpidio sono arrivati – nel marzo 1995 – alla consacrazione nella comunità dei «Figli di Dio» di don Divo Barsotti. Ottantatrè viaggi in Africa. Un’attività che negli anni si è ampliata dal Benin al Togo, al Gabon, al Burkina Faso, al Ghana e ad altri paesi, in contatto con 38 centri missionari. Pili di 600 pozzi scavati, una cinquantina di bacini artificiali di raccolta dell’acqua, 25 scuole primarie e professionali, vari centri di nutrizione e ancora dispensari, ospedali, mulini, 1.500 adozioni a distanza: questa è l’avventura africana di un piccolo commerciante di Merano. In essa è sostenuto da seimila benefattori e un centinaio di associati.
All’inizio c’è un incidente stradale che blocca Alpidio Balbo per un anno, col rischio di restare menomato alle gambe e al cervello. Guarisce invece e va in Africa – nel Benin – con un figlio, per rimettersi. Una signora di Trento gli ha dato una lettera da consegnare a una giovane suora di una missione dell’interno del Benin, a Bohicon.
La suora si occupa di un Centro di nutrizione per bambini: «È stata una cosa drammatica, quel giorno sono morti sei bambini, non riuscivo a darmi pace».
Dal dramma della fame a quello religioso: «Mi tormentava il pensiero di una miseria inimmaginabile, del modo in cui avrei potuto placare l’urlo della coscienza che senza tregua accostava alle immagini sconvolgenti della morte per fame quelle della vita restituita per grazia».
Raccoglie medicine e torna in Africa: «Ho visto un bambino guarire grazie alle medicine che avevo portato io. Sono scoppiato a piangere. E ho alzato gli occhi al cielo chiedendo al Signore di aiutarmi. Capivo che non potevo pia barare con quella gente. Ora dovevo dare una risposta». La risposta fu quella di dedicarsi a tempo pieno all’Africa.
La prima volta che lo chiamai al telefono e gli chiesi di raccontarmi la sua storia, perché volevo inserirla in una mia inchiesta, che era intitolata «Cerco fatti di Vangelo», Alpidio mi disse: «Certo che gliela racconto, perché noi ci occupiamo dell’Africa proprio in nome del Vangelo».
Ora che l’ho richiamato, proponendogli questo articolo, mi ha detto: «Caro Luigi, se potrai fare qualche cosa, sarà sicuramente un grande regalo che farai al “Gruppo Missionario”, in questo momento così tragico».
Gli ho chiesto che cosa gli fosse capitato e lui a spiegarmi che “niente”, al «Gruppo missionario» non era successo nulla, ma c’era stato il maremoto in Asia e «molti benefattori mi hanno già chiamato, scusandosi per avere devoluto a questa immane tragedia del sud-est asiatico quanto avrebbero voluto donare a noi e io mi chiedo adesso che cosa sarà per quei 1500 bambini adottati e per tutti i progetti in corso!».
«L’Africa – mi ha poi scritto Alpidio – è sempre teatro di tragedie, forse anche più gravi di quella del maremoto, ma non compare sui media. Confido anche nel tuo aiuto per poter proseguire nella nostra opera di solidarietà. Il numero di conto corrente postale è 15004393, intestato a GRUPPO MISSIONARIO MERANO. Poiché siamo una ONLUS e una ONG, le offerte sono detraibili dalla dichiarazione dei redditi. Ti abbraccio, anche a nome di Carmen e della nostra piccola Raina, bimba africana che vive con noi. Alpidio Balbo». .
Luigi Accattoli