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30.3.2005

Il miracolo di padre Pio

Nel numero di marzo 2005 della rivista “Voce di Padre Pio”, il noto giornalista Luigi Accattoli ha pubblicato l’articolo (“Pozzi e adozioni in Africa anche nel nome di Padre Pio”) che riproponiamo qui integralmente. E’ un modo per dare il benvenuto ai numerosi nuovi amici che, avendolo letto, hanno dato il loro contributo all’attività del Gruppo Missionario.

Carmen e Alpidio Balbo, fondatori del «Gruppo missionario» di Mera­no, che da 34 anni si occupa di Africa, mi racconta­no «una piccola storia su Padre Pio», che dicono di considerare “vero miracolo”: Eccola.

Il 22 novembre scorso vengono per la prima volta, con amici di Merano, a vedere la tomba del Santo di Pietrelcina. «Due gior­ni prima della partenza - rac­conta Alpidio – ricevevo una te­lefonata da una nostra vecchia benefattrice de l’Aquila, che mi comunicava la morte del mari­to, il quale aveva lasciato una piccola eredità al «Gruppo Mis­sionario», di cui avrei potuto ve­nire in possesso soltanto alla morte di lei. Questa persona l’a­vevo conosciuta almeno 20 an­ni prima, quando il marito mi aveva regalato i soldi per la co­struzione di una scuola, che fe­ci a Tabligbo, in Togo».

Carmen e Alpidio approfittano del viaggio a San Giovanni Rotondo per fare un salto a L’Aquila, e ringraziare della futura eredità.

«La signora mi fa vede il testamento e – a sorpresa mi porta in banca. Dall’atteggiamento del direttore, capisco che è stato preparato qualcosa e ripenso alla preghiera che avevo fatto a Padre Pio prima di partire da San Giovanni Rotondo: che oltre ad assistermi nel viaggio, mi facesse anche la grazia di trovare qualcosa per i bambini, o per la costruzione dei pozzi perché nel 2004, a causa della crisi, nel bilancio venivano a mancare circa 50.000,00 euro. Fu per me una sorpresa enor­me ascoltare la signora che, da­vanti al direttore che le chiede­va quanto avrebbe dovuto con­segnarmi, disse di farmi un as­segno di 50.000,00 euro».

Alpidio è “sconvolto” dalla coin­cidenza tra l’ammanco di bi­lancio e il dono inaspettato. Ma non è finita: «Mentre il diretto­re prepara l’assegno, gli rac­conto la mia storia e lui immediatamente vuole adottare un bambino a distanza, consegnan­domi 165,00 euro. Infine l’auti­sta che mi aveva accompagna­to, viaggiando per ben 7 ore insie­me, mi dimezzerà l’importo che avevamo pattuito e vorrà il mio indirizzo per potermi seguire e continuare a darmi una mano».

Persino un negoziante di San Giovanni Rotondo – poveri ne­gozianti da tutti vituperati! – si fa benefattore: «Recandomi in un negozio, per acquistare qual­cosa di locale, mi presento dicendo che sono un missionario che viene per la prima volta da Padre Pio, faccio dono di un li­bro e quando chiedo il conto il negoziante non vuole nulla e chiede l’indirizzo per potermi sostenere» .

Da una decina d’anni mi consi­dero un “amico a distanza” di Carmen e Alpidio, che sono tra le persone pili generose che co­nosco. Da 34 anni si occupano dell’Africa – come amano dire ­“in nome del Vangelo”.

All’ origine c’è una conversione. Alpidio va in Africa per una va­canza, vede la fame e le malattie, non riesce a dimenticare i bam­bini moribondi e cambia vita: ri­trova la fede, lascia la piccola azienda commerciale di cui è ti­tolare, trascina la sposa e i figli in un’avventura impensabile.

L’affiatamento e la complicità spi­rituale della coppia è straordi­nario. Carmen e Alpidio sono ar­rivati – nel marzo 1995 – alla con­sacrazione nella comunità dei «Fi­gli di Dio» di don Divo Barsotti. Ottantatrè viaggi in Africa. Un’at­tività che negli anni si è ampliata dal Benin al Togo, al Gabon, al Burkina Faso, al Ghana e ad al­tri paesi, in contatto con 38 cen­tri missionari. Pili di 600 pozzi scavati, una cinquantina di ba­cini artificiali di raccolta dell’acqua, 25 scuole primarie e profes­sionali, vari centri di nutrizione e ancora dispensari, ospedali, mu­lini, 1.500 adozioni a distanza: questa è l’avventura africana di un piccolo commerciante di Me­rano. In essa è sostenuto da sei­mila benefattori e un centinaio di associati.

All’inizio c’è un incidente stra­dale che blocca Alpidio Balbo per un anno, col rischio di resta­re menomato alle gambe e al cer­vello. Guarisce invece e va in A­frica – nel Benin – con un figlio, per rimettersi. Una signora di Trento gli ha dato una lettera da consegnare a una giovane suo­ra di una missione dell’interno del Benin, a Bohicon.

La suora si occupa di un Cen­tro di nutrizione per bambini: «È stata una cosa drammatica, quel giorno sono morti sei bambini, non riuscivo a darmi pace».

Dal dramma della fame a quello religioso: «Mi tormentava il pen­siero di una miseria inimmaginabile, del modo in cui avrei potuto placa­re l’urlo della coscienza che senza tregua accostava alle immagini scon­volgenti della morte per fame quel­le della vita restituita per grazia».

Raccoglie medicine e torna in A­frica: «Ho visto un bambino gua­rire grazie alle medicine che avevo portato io. Sono scoppiato a piange­re. E ho alzato gli occhi al cielo chiedendo al Signore di aiutarmi. Capivo che non potevo pia barare con quella gente. Ora dovevo dare una risposta». La risposta fu quel­la di dedicarsi a tempo pieno al­l’Africa.

La prima volta che lo chiamai al telefono e gli chiesi di raccontar­mi la sua storia, perché volevo in­serirla in una mia inchiesta, che era intitolata «Cerco fatti di Vangelo», Alpidio mi disse: «Certo che gliela racconto, perché noi ci occupiamo dell’Africa proprio in nome del Vangelo».

Ora che l’ho richiamato, propo­nendogli questo articolo, mi ha detto: «Caro Luigi, se potrai fare qualche cosa, sarà sicuramente un grande regalo che farai al “Gruppo Missionario”, in questo momento così tragico». ­

Gli ho chiesto che cosa gli fosse capitato e lui a spiegarmi che “niente”, al «Gruppo missionario» non era successo nulla, ma c’era stato il maremoto in Asia e «mol­ti benefattori mi hanno già chia­mato, scusandosi per avere devo­luto a questa immane tragedia del sud-est asiatico quanto avrebbero voluto donare a noi e io mi chiedo adesso che cosa sarà per quei 1500 bambini adottati e per tutti i pro­getti in corso!».

«L’Africa – mi ha poi scritto Alpi­dio – è sempre teatro di tragedie, forse anche più gravi di quella del maremoto, ma non compare sui me­dia. Confido anche nel tuo aiuto per poter proseguire nella nostra opera di solidarietà. Il numero di conto corrente postale è 15004393, intestato a GRUPPO MISSIONA­RIO MERANO. Poiché siamo una ONLUS e una ONG, le offerte so­no detraibili dalla dichiarazione dei redditi. Ti abbraccio, anche a nome di Carmen e della nostra pic­cola Raina, bimba africana che vi­ve con noi. Alpidio Balbo». .

Luigi Accattoli

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