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Estrema povertà

17.1.2014 - Due medici pugliesi, le dottoresse Alessandra Carrozzo e Michela Latronico, raccontano la loro esperienza di volontariato presso l'ospedale "San Padre Pio" di N'Dali.
Siamo Alessandra e Michela, medici in formazione per la medicina generale, con un sogno in comune: l’Africa. Circa un anno fa, grazie all’associazione N’Gracalati di Borgagne, in particolare ad Angelo e Lia, che hanno creduto in noi, e grazie al Gruppo Missionario "Un pozzo per la vita" Merano, il sogno ha iniziato a prendere forma e lo scorso novembre ci è stata data l’opportunità di partire per il Benin, spinte dalla consapevolezza che, nonostante la nostra giovane età, potessimo offrire il nostro aiuto presso l’ospedale di N’Dali e trarre da questo viaggio nuovi stimoli professionali e alimentare nuovi sogni.
Le aspettative non sono state deluse. Il primo giorno in ospedale abbiamo affiancato il dott. Eric che, partito per un viaggio di lavoro, già dal secondo giorno ci ha affidato il reparto di medicina e pediatria, nonché l’ambulatorio per gli accessi esterni, con non poche difficoltà, in primis la lingua, il francese, che la maggior parte della popolazione non parla. Non avevamo dunque la possibilità di stabilire un rapporto diretto con il paziente ma questo era filtrato da un traduttore, nella figura delle infermiere. La diagnosi era prevalentemente clinica in quanto costretti ad operare in un ambiente decisamente differente da quello a cui siamo abituati in Italia! La precarietà degli strumenti diagnostici e, laddove presenti, l’elevato costo a carico delle famiglie dei pazienti che a stento riuscivano a pagare i farmaci per la terapia, rendevano difficile la conferma delle nostre ipotesi diagnostiche.
Accanto all’estrema povertà constatavamo il ritardo con cui la popolazione giungeva in ospedale. Infatti il bagaglio socio-culturale e religioso della comunità spinge la popolazione ad utilizzare dapprima piante naturali e ad eseguire riti e formule a cui si attribuisce potere terapeutico e solo successivamente a ricorrere alla medicina convenzionale. Ecco allora che vedevamo bambini con tassi di emoglobina estremamente bassi, condizioni al limite della compatibilità con la vita, causate nella maggior parte dei casi dalla malaria e dalla malnutrizione. Numerose le malattie infettive che colpiscono adulti e bambini: tifo, meningite, epatiti virali. Sconvolgente anche pensare che di fronte ad un'ipotetica infezione di epatite virale, sia relativamente inutile confermare la diagnosi in quanto non vi sarebbero concrete possibilità terapeutiche.
Impressionante è stato anche constatare l’atteggiamento di bambini, uomini e donne nei confronti del dolore. Mai un lamento, mai un pianto, neppure in condizioni estreme. Bimbi che effettuavano prelievi di sangue senza versare una lacrima, che trascorrevano i loro giorni di degenza senza alcun capriccio. Abbiamo visto una ragazza sofferente di 14 anni in peritonite, con un addome intrattabile, attendere l’intervento chirurgico in silenzio. Uomini e donne in situazioni cliniche ed emotive precarie, con la paura negli occhi, non esprimere il loro dolore fisico e psicologico.
Abbiamo stretto rapporti di amicizia con il dott. Eric responsabile della struttura e con gli altri giovani medici specializzandi che, dall’università di Cotonou, prestano per tre mesi il loro servizio presso l’ospedale. Persone a dir poco amabili.
Anche il personale infermieristico ed i tecnici si sono mostrati gentili e accoglienti nei nostri confronti. Tuttavia in una struttura così grande, a nostro parere futuristica per essere in Africa, servirebbe qualcuno che impostasse il lavoro e lo facesse eseguire adeguatamente. Così come occorrerebbe altro personale qualificato, sia medico che paramedico, consapevoli, di quanto sia difficile formare e reclutare personale sia locale che europeo.
Se ci fosse chiesto di esprimere un giudizio sulla nostra esperienza di sicuro sarebbe estremamente positivo, sia per ciò che crediamo di essere riuscite a dare, ma soprattutto per ciò che ne abbiamo tratto. Un’esperienza da consigliare a chi ne ha le possibilità e la volontà! È un susseguirsi di emozioni forti: nel dare, nel ricevere, un’occasione per formarsi professionalmente, ma soprattutto umanamente, anche a costo di difficoltà, alcune delle quali possono risultare banali, ma, vissute ed affrontate, non lo sono affatto.
Rientrate in Italia, sono tanti i pensieri che ci accompagnano; è grande la volontà di continuare a dare il nostro contributo. In un’eventuale prossima esperienza, ma anche da qui, vorremmo non dimenticare quella popolazione e concretizzare il nostro aiuto, avendo avuto la possibilità di individuarne i maggiori bisogni.
Con tanti altri sogni, piccoli e grandi, che speriamo, con l’aiuto di tutti di riuscire a realizzare.

Alessandra e Michela
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