29.4.2020 - Alcuni mesi fa, un gruppo di soci e sostenitori del GMM “Un pozzo per la vita” ha compiuto un viaggio in Benin.
Lucia e Walter Combi, Mirella Pedini, Lella e Mimmo Spendio, Nicoletta e Roberto Pedergnani accompagnati da Brigitta Egger e dal responsabile dei progetti, Fabrizio Arigossi, sono andati in Africa per visitare le opere e le persone sostenute in questi anni con iniziative in memoria dei loro figli scomparsi prematuramente. Vi proponiamo le loro testimonianze.
Si rafforza la speranza
di un futuro migliore
Nicoletta ed io eravamo già stati in Benin nel 2016. Nel 2019, dal 2 al 15 novembre, abbiamo avuto l’occasione, con altri sei amici del GMM, di rivedere quei luoghi a distanza, quindi, di tre anni. Se il nostro percorso attraverso questo stato africano è stato più o meno lo stesso della prima volta, le impressioni riportate sono state diverse.
Ritengo opportuno premettere che la situazione generale nel Paese mi è sembrata leggermente migliorata; l’erogazione dell’energia elettrica e dell’acqua avviene senz’altro in modo più continuativo; relativamente alle condizioni di vita della popolazione mi azzarderei a parlare di una evoluzione in senso positivo: se la presenza di parabole anche sulle più modeste abitazioni può essere un’indicazione, si può pensare ad uno sforzo generale per un innalzamento, sia pur modesto, del tenore di vita.
Ma veniamo alle nostre sensazioni; l’impatto con questo mondo completamente diverso dal nostro è stato, questa volta, più forte emotivamente ed anche fisicamente per il gran numero di chilometri percorsi su strade sconnesse e piste in terra battuta. La visita a certe strutture come il lebbrosario di Davougon, il centro psichiatrico “Oasis d’Amour” di Bohicon e di vari orfanotrofi hanno colpito drammaticamente i nostri cuori. Ci sono anche stati momenti più sereni ed anche gioiosi come l’inaugurazione della scuola di Kouande, la visita all’ospedale di Tanguieta ed ai “forage” di Babarou, Kpassa e del villaggio di Kourkadouri, “forage”, quest’ultimo, dedicato a Michele Spendio.
Indubbiamente, ci sono situazioni di estrema precarietà, come appunto a Babarou o Kpassa; tuttavia, la festosa accoglienza degli abitanti di questi villaggi ed il vedere, in loco, quanto possa fare il nostro aiuto sia direttamente con “collette” da parte nostra sia a distanza con la raccolta ed elargizione di fondi da parte del GMM, ci rallegra e ravviva la nostra speranza in un futuro migliore per queste genti.
Purtroppo, abbiamo anche dovuto renderci conto di come certe iniziative, quali l’ospedale “St. Padre Pio” di N’Dali, richiedano ancora sforzi enormi per raggiungere un livello accettabile di efficienza; questo sia come impegno da parte nostra, sia per spingere ad un cambio di mentalità chi opera sul posto.
Relativamente alle manifestazioni dedicate a care persone scomparse, mi preme ricordare, a Parakou, la simpatica iniziativa dei coniugi Combi: la finale del torneo di calcio intitolato al figlio Emanuele conclusasi con la premiazione delle due squadre finaliste.
Oltre a questi momenti emotivamente impegnativi, ritengo opportuno ricordare le pause turistiche come la visita al palazzo reale di Abomey, il tempio dei serpenti di Ouidah (compresa la strana sensazione di prendere in mano e porsi attorno al collo dei pitoni) e, sempre a Ouidah, le ore di relax sulla riva dell’Oceano Atlantico.
Concludendo, soprattutto in questo secondo viaggio, Nicoletta ed io siamo rimasti colpiti dall’entità e dall’importanza di quanto realizzato dal GMM in Benin: opere che definirei “ciclopiche”, esprimendo, al tempo stesso, la nostra gratitudine ed ammirazione ad Alpidio Balbo ed a quanti si stanno impegnando per continuare ed ampliare la sua opera.
Roberto Pedergnani
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