Un destino in comune
Quando la bara, caricata su di un carro trainato da due cavalli, ha preso le mosse dal piazzale antistante il Seminario di Bressanone, tutta la gente se ne era già andata per il corteo funebre. D’un tratto si è percepito il mormorio di un vento leggero.
Dieci giorni prima. in piazza Duomo, il vescovo Egger aveva commentato quella pagina della Scrittura che narra di Elia, chiamato alla presenza del Signore. Ma il Signore che Elia attende non è nel vento impetuoso e gagliardo, non è nel terremoto e nemmeno nel fuoco. Invece lo si trova, alla fine, nel “mormorio di un vento leggero”. Letteralmente, aveva spiegato il vescovo, “in una voce di silenzio”.
C’è sempre molto mistero in una morte, tanto più se si tratta di quella di un personaggio importante. E non è forse, ogni morte, un’apparentemente paradossale “voce di silenzio”?
Tutto l’episcopato di Wilhelm Egger, ora lo capiamo meglio, si è giocato attorno a queste idee, la voce, la parola, e il silenzio. Laddove il silenzio può essere più eloquente di molte parole e certe parole possono risultare più vuote e meno comunicative di una “vice di silenzio”.
Ciò che ha colpito tutti, in questi giorni a partire da domenica scorsa, quando si è diffusa la notizia dell’improvvisa ed inattesa scomparsa del vescovo, è stata la grande partecipazione della gente, ad ogni livello, all’evento. Dal papa all’ultimo dei fedeli. Bisognava vedere, ieri, il Duomo gremito, la chiesa di San Michele strapiena, la piazza occupata da una folla silenziosa davanti al maxischermo che ha trasmesso per ore, il rito funebre.
Sappiamo ora, avendone letto il testamento spirituale, che Wilhelm Egger non si considerava un “maestro”, ma intendeva piuttosto proporsi agli altri nella dimensione della fratellanza. “Per me – ha lasciato scritto – è stata importante in questi anni la parola di Gesù: ‘Uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli e sorelle’. In ogni messa ho pregato affinché noi siamo una ‘fraternitas secundum sanctum Evangelium’”.
Ecco un nuovo paradosso, la folla altoatesina riconosce il ruolo di guida, accorrendo in massa alla bara prima a Bolzano, poi a Bressanone, a colui che più che come guida si considera come fratello tra fratelli e sorelle.
Wilhelm Egger chiede di essere ricordato per le parole e per
La diocesi non potrà che ripartire da quella parola “syn” (insieme), che il vescovo ha pronunciato in apertura al suo episcopato e messo nelle prime righe del suo testamento. Una parola che si può declinare in varie maniere. Il patriarca di Venezia lo ha fatto vedendo in Alto Adige “una storia ricca, anche se non di rado travagliata, capace di fondere in unità popoli, tradizioni e culture diversi”. Benedetto XVI ha auspicato un Alto Adige “regione dove l’arte e la cultura si uniscono con la bontà degli uomini in un’armonia meravigliosa”.
Per avere un’immagine plastica di quel “syn” bisognava essere ieri a Bressanone, oppure due giorni prima a Bolzano. Migliaia di persone, ognuna con la sua storia, con le sue idee, le sue esperienze e i suoi desideri erano lì, attorno ad una semplice cassa di legno chiaro, ad interrogarsi sul proprio comune destino. Insieme. Syn.
Paolo Valente