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26.03.2007

Schiavismo: ferita aperta

Nelle ex colonie britanniche è stato celebrato il 25 marzo il bicentenario dall’abolizione della schiavitù. Il tempo è passato, ma i segni dello schiavismo sono ancora visibili. E, malgrado le scuse delle nazioni occidentali, la schiavitù prosegue: ha trovato nuove forme e nuovi mezzi, ma esiste ancora.

Sono passati 200 anni dal 25 marzo 1807. Il giorno in cui, dopo anni di propaganda da parte degli attivisti anti-schiavismo, l’Inghilterra mise fuori legge il commercio di schiavi. Per veder bandito lo schiavismo in sé, bisognerà attendere fino al 1833, anche se in realtà la tratta di schiavi neri continuò ancora per anni, su navi battenti bandiere di altri paesi.

Il primo ministro inglese, Tony Blair, ha colto l’occasione per fare pubblica ammenda, da parte della nazione britannica, verso i paesi che in passato sono state vittime delle deportazioni. Dai 10 ai 60 milioni di esseri umani, a seconda delle stime. Alle scuse di Blair si sono aggiunte quelle dell’Arcivescovo di York, ma le parole non bastano.

Lo schiavismo, perpetuato per anni e anni, ha infatti dato il via all’impoverimento del continente nero, cui venne tolta gran parte della forza lavoro. E, nonostante sia stato abolito, esiste ancora. In forme più subdole, illegali, che hanno in comune con la situazione di 200 anni fa la mancanza totale di rispetto dei diritti della persona.

E così, mentre Blair chiede scusa, la malavita ricatta e sfrutta giovani donne africane, prelevandole dalla loro vita e facendole prostituire sulle nostre strade. Lo schiavismo di 200 anni fa, in fondo, non sembra poi così lontano visto dalla loro prospettiva.

(Alberto Manara, Nigrizia)
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