Carmen e Alpidio Balbo, insieme per gli altri
La nostra Africa
Un voto espresso dopo un grave incidente diventa una promessa di vita. Da 35 anni, con il Gruppo Missionario di Merano, portano acqua, cibo e medicine a donne e bambini.
di Francesca Massarotto
Care amiche, tra le connazionali che si recano periodicamente all’estero, ricordiamo le volontarie laiche. Sono donne particolarmente coraggiose, spinte da un autentico amore evangelico, che lasciano a casa le proprie certezze per mettersi al servizio del prossimo.
Carmen Balbo è una di queste. Da 35 anni segue il marito Alpidio per realizzare dei progetti di aiuto all’Africa assieme al Gruppo missionario di Merano, un gruppo di volontari da lui fondato. «Ho cominciato per ringraziare Dio del dono di aver guarito mio marito. Era il 1969 e Alpidio era rimasto paralizzato in seguito ad un grave incidente d’auto. Appena ha potuto camminare, ha avviato questi progetti di volontariato come un grazie al Signore: poteva rimanere in sedia a rotelle. E io l’ho seguito».
Carmen e Alpidio gestivano a Merano un grande negozio di elettrodomestici con 15 dipendenti: decidono di lasciarlo ai figli Manuela e Stefano, e partono per l’Africa. Fra i numerosi progetti avviati con la collaborazione dei missionari, Carmen segue soprattutto quelli per le donne: scuole, centri di accoglienza, laboratori di cucito, sartoria, tessitura, scuole di assistenza ospedaliera, corsi di cucina.
«La prima cosa che ho visto? La miseria della donna africana: senza igiene, senza cultura, senza mezzi. Eppure la formazione della donna è importantissima; con lei si forma un Paese: è la base della famiglia e della società» afferma Carmen. E ricorda che in Togo, Benin, Costa d’Avorio, Burkina Faso, Mozambico le bambine vengono ancora vendute come schiave, e si prostituiscono per un pugno di riso. Spesso funziona il baratto, e molte non conoscono la moneta, mentre continua il traffico d’organi di bambini. «Stiamo finanziando un progetto per raccogliere le ragazze-schiave; con le suore ne abbiamo già accolte 50. Sono bambine più gracili del normale. A 12 anni hanno già uno o due figli, e chi le compera può rivenderle. Le accogliamo, le nutriamo e le curiamo; insegniamo loro l’igiene personale, a leggere, a scrivere, a far di conto, e soprattutto ad essere consapevoli della propria dignità di figlie di Dio».
Dalle 40 scuole primarie e professionali avviate in questi anni, molte giovani sono uscite con una professione: sarte, infermiere, tessitrici (ma si sono formati anche giovani medici, infermieri, ingegneri). Molte ragazze hanno avviato laboratori di cucito e confezioni, aperto centri di artigianato tessile, piccoli negozi, e stanno insegnando ad altre la dignità del lavoro.
«Ho cominciato così: un missionario del Togo mi aveva chiesto di aprire una scuola per le donne. Ho preso un ago e sono andata in mezzo a loro: l’ho infilato, poi ho iniziato a cucire l’orlo di una strisciolina di stoffa. Sono rimaste ammirate: è arrivato tutto il villaggio a vedere. Non avevano mai visto un ago. Quando hanno capito come funzionava erano felici. Come se avessi regalato loro una macchina per cucire!». Le macchine per cucire sono poi arrivate davvero: ora ce ne sono 450 nelle varie scuole.
In 35 anni, la tenacia di Carmen e Alpidio ha creato in Africa dei piccoli grandi miracoli, che se non hanno potuto modificare del tutto la terribile realtà africana, hanno tuttavia gettato del ponti d’amore e solidarietà che stanno coinvolgendo migliaia di altri volontari: medici specializzati, oculisti, ginecologi, chirurghi, tecnici agrari, enologi, meccanici, ingegneri, ecc.
I pozzi costruiti in Africa (Togo, Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio e altri luoghi) dal Gruppo Missionario di Merano, e con donazioni pubbliche e private, sono già 690. Funzionano 48 bacini artificiali per la raccolta dell’acqua, vari centri di nutrizione, dispensari, reparti ospedalieri attrezzati, servizi pediatrici e materno-infantili, mulini per macinare il grano, laboratori di falegnameria, meccanica, di sperimentazione agricola. Inoltre sono stati costruiti pannelli solari per 45 missioni, una linea elettrica di vari chilometri, una centrale fotovoltaica, 13 gruppi elettrogeni, e sono attivi 7 camion e 3 fuori strada. E continuano ad arrivare container con medicinali e attrezzature sanitarie.
Con 165 euro si adotta un bambino a distanza, con 3 mila euro si finanzia l’apertura di un pozzo. «E di pozzi – spiega Carmen – ne occorrerebbero ancora migliaia» mentre i bambini adottati sono oltre 1.500. Oggi sta sorgendo in Benin un nuovo centro per bambini-stregoni, i piccoli malformati che la superstizione locale allontana e abbandona nella foresta, credendoli colpiti da maledizione.
Carmen e Alpidio operano con la collaborazione dei padri Comboniani, dei missionari Salesiani, dei Camilliani, delle suore Figlie del Cuore di Maria, degli Oblates e ricevono l’incoraggiamento e la collaborazione dell’arcivescovo emerito di Cotonou, monsignor Nestor Assogba, e del nunzio apostolico del Benin, monsignor Michel August Blume. Entrambi hanno ricevuto i coniugi Balbo sostenendone l’operato. Nel 1995, nella comunità di don Barsotti, da poco aperta in Africa, Carmen e Alpidio sono stati consacrati «figli di Dio». E la loro opera continua.