L’appuntamento è a Cortina d’Ampezzo. L’uomo organizza un viaggio con la moglie e il figlio Samuel. Si fermeranno da due amici a Dobbiaco per la notte e poi trascorreranno la domenica insieme. Fatta la consulenza a Cortina, la cena si protrae e la serata finisce a champagne. La mattina dopo tutti dormono di un sonno profondo, tranne il piccolo Samuel. Alle otto il bimbo è già in piedi e tira giù dal letto anche il padre. L’uomo, di malavoglia, si alza e i due decidono di andare a fare quattro passi per Dobbiaco. E qui comincia tutto. “Vaghiamo per il paese – racconta l’uomo – prima a vedere i cavalli, poi la stalla, i cani, i gatti, fino a quando alle 11 sentiamo le campane della chiesa suonare. Sam mi guarda e mi dice ‘Papà bitte amen’, che tradotto vuol dire, ‘papà per favore andiamo in chiesa’... La domenica di solito ci piace andarci insieme, però quella volta avevo ancora il filetto e lo champagne che giravano nello stomaco. Ma dopo la quindicesima volta di ‘Papà bitte amen’ per disperazione decido di puntare sulla parrocchiale di Dobbiaco. Come entriamo, mi accorgo che dalle panche esce un signore distinto, bianco di capelli, e che si dirige verso l’altare. E’ Alpidio Balbo. Si sostituisce al sacerdote e racconta la sua storia. Parla di quando nel marzo del 1971, dopo aver superato miracolosamente le conseguenze di un grave incidente, era capitato a Bohicon, una cittadina dello stato africano che allora si chiamava Dahomey (oggi Benin). Quel giorno sei bambini morirono praticamente sotto gli occhi di Balbo per colpa di una delle tante epidemie che colpiscono periodicamente quelle terre. ‘Se avessimo avuto degli antibiotici – gli disse una suora della missione – alcuni di quei bambini si sarebbero salvati’. Fu quello l’episodio chiave di tutta la vita di Balbo che da allora ha dedicato all’Africa tutto se stesso. La sua opera continua oggi nel GMM, Gruppo Missionario Merano”.
L’uomo col bambino rimane profondamente colpito, soprattutto per il fatto che una mano invisibile sembra averlo voluto condurre proprio lì, e proprio in quel preciso momento.
Alla fine della messa avvicina il missionario laico e gli dice: “Beh, la sua storia emozionante sembra uscita da un racconto... E non le nascondo che mentre lei parlava del suo incidente non potevo fare altro che pensare ad una mia amica, Barbara, che sta passando un momento difficile in ospedale. Così mi chiedevo quanto bello sarebbe poter raccontare un giorno anche noi una cosa simile...”
A questo punto il giovane padre chiede a Balbo quanto può costare far scavare un pozzo in quelle regioni dell’Africa. “Tremila euro”, è la risposta. “Minimo tremila euro”. Senza nemmeno che lui aggiunga una sola altra parola e stringendogli la mano, il giovane uomo gli dice: “Entro Natale raccoglierò i soldi. Il pozzo non sarà nostro ma della nostra Barbara”.
Sono passati due mesi e qualche giorno. L’uomo ha saputo coinvolgere decine di amici. Ognuno ha dato qualcosa. I tremila euro (abbondanti) sono lì in quella busta. Sono il contributo di coloro che, rinunciando a qualche regalo di Natale, “credono che ogni giorno un bambino possa dissetarsi con l’acqua di Barbara, e che tutto questo possa attraversare i confini e le distanze tra terra e cielo, e come una freccia infuocata colpire il cuore di chi sta più in alto di noi...”
Il “pozzo di Barbara” si farà presto, forse già nei primi mesi del 2009. Perché nulla accade per caso. E per captare una chiamata sospesa nell’aria a volte è necessaria la testarda innocenza di un bambino.
Ecco i nomi degli amici di “Papà bitte amen”; Sabri, Enrico, Matteo, Ale, Apo, Luca, Roland, Fam. Pircher, Elena, Max, Alberta, Paolo, Manu, Max, Nina e Fam., Alex, Andy, Christian, Alex, Katia, Silvia, Luca, Paolo, Francesca, Giovanni, Cico, Marghe, Manel, Natan, Carla, Sander, Raffa, Marco, Raffy, Paola, Roo, Fabry, Lory, Tore, Aldo, Antonio, Fam. Manganaro, Fam. Mossuto, Fam. Marcucci, Helga, Luigi, Anna Manola, Sabri, Andrea, Lorenzo, Aurora, Rosi, Marco, Davide, Roby.7, Sonia, Andrea, Marcella, Franz, Sandra, Luca, Fam. Prearo, Fam. Cressotti.