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24.2.2006

Nigeria: appelli al dialogo

Crescono le voci che invitano al dialogo e alla calma dopo le violenze a sfondo religioso che anche ieri hanno provocato un numero impreciso di vittime e che in totale, negli ultimi cinque giorni, avrebbero causato ormai oltre 100 morti, in parte nel nord a prevalenza musulmana e in parte nel sud, abitato soprattutto da cristiani. I disordini, secondo il governatore dello Stato di Lagos “sono provocati da alcune persone senza scrupoli che vogliono sfruttare le tensioni religiose in alcune parti del Paese per istigare alla violenza”, si legge in una dichiarazione pubblicata oggi dalla stampa locale. Ieri violenti scontri si erano registrati a Onitsha, città dello Stato meridionale di Anambra, dove alcune migliaia di civili sono fuggiti nel confinante stato del Delta del Niger per sfuggire alle violenze, che – secondo fonti locali – avrebbero causato ben oltre i 20-25 morti indicati ieri sera. Divampate inizialmente in due città del nord (Maiduguri e Bauchi), durante le proteste per le caricature contro Maometto pubblicate da un giornale danese, le proteste si sono poi estese ad alcuni Stati del Sud, dove gruppi di giovani – soprattutto disoccupati e appartenenti a fasce a disagio sociale e indicati come cristiani – hanno assalito alcune moschee e la minoranza musulmana. “Contrariamente alla pretesa di chi afferma di combattere per motivi religiosi, queste menti diaboliche in realtà stanno complottando per perseguire in modo egoistico i loro interessi economici”, si legge ancora nella dichiarazione del governatore di Lagos, che oggi dovrebbe incontrare i capi di tutte le comunità religiose locali. “Non dimentichiamo le nostre origini: siamo membri di una stessa famiglia e abbiamo costruito relazioni e amicizie che trascendono la nostra appartenenza etnica, culturale e di gruppo”, è stato l’appello del ministro dell’Informazione Frank Nweke, secondo il quale l’intervento delle forze dell’ordine nelle località interessate dagli scontri dovrebbe prevenire ulteriori violenze. È parere condiviso da molti osservatori locali e anche da fonti contattate dalla MISNA in questi giorni, che i fattori della crisi sono da ricercare anche – e forse soprattutto – nelle condizioni di miseria e di povertà strutturale in cui vivono gran parte degli oltre 130 milioni di nigeriani, malgrado il Paese sia il primo esportatore di petrolio dell’Africa sub-sahariana. A queste cause, si sovrappongono ulteriori elementi come la possibile ricandidatura del presidente Olusegun Obasanjo, un cristiano la cui appartenenza religiosa sarebbe, secondo alcuni, strumentalizzata dai suoi avversari politici, soprattutto negli stati settentrionali del Paese dove - in 12 sui 36 che compongono la Federazione nigeriana – è stata introdotta la Sharia. (Misna)
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