La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la
carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non
cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male
ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità.
Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.
La carità non avrà mai fine.
(1Cor 13,4-8)
Ho voluto prendere spunto dal Vangelo di questa IV Domenica del Tempo Ordinario, perché mi sembra il modo migliore per cominciare a descrivere l’opera di Alpidio Balbo e del Gruppo Missionario Merano.
La collaborazione tra questa organizzazione non governativa e la Chiesa di S. Croce qui a Torino, affonda le sue radici in un passato lontano. Il rapporto di amicizia, prima ancora che di solidarietà, tra Alpidio Balbo e don Giovanni Ballesio, nostro infaticabile parroco da ben quarant’anni, risale infatti a molti anni fa.
Ieri, al termine della celebrazione della S. Messa, li ho visti abbracciarsi dietro all’altare, e nel mio cuore ho pensato che anche quello avrebbe potuto essere uno dei doni da offrire a Dio. Forse uno dei più graditi. C’era un calore quasi familiare in quell’abbraccio, come di un fratello che si presenta in umiltà a chiedere aiuto all’altro e, prima di aprir bocca, riceve molto più di quanto avrebbe mai domandato. È un mistero grande la Carità.
Ogni anno la nostra parrocchia, in occasione del Natale, organizza una grande campagna di raccolta fondi per i villaggi africani più sfortunati, in cui tutti danno il loro contributo; ma non è l’unico momento in cui ricordiamo questi nostri fratelli dalla pelle nera. Infatti, non c’è una sola Messa in cui Don Giovanni non inserisca l’intercessione per “tutti i bambini e le persone che muoiono di fame e di sete nel mondo”.
Ieri era il cosiddetto Giorno della Memoria, ovvero l’occasione per ricordare le innumerevoli vittime dei campi di sterminio nazisti. Ebbene, ieri pensavo con un pizzico di tristezza che ci sono altri milioni di vittime che non fanno notizia, che non fanno rumore, perché le onde della Vita li depone come granelli di sabbia su questa Terra, per poi ritrascinarli con sé nel mare dell’Eternità, prima che qualcuno possa essersi accorto della loro esistenza.
Se c’è una persona che riesce a dar voce a quelle vere e proprie tragedie umane, quella è Alpidio Balbo. Tra dieci giorni partirà per un altro dei suoi viaggi in Africa, il novantesimo in oltre trentacinque anni di missione. Riflettevo su quanti pericoli avrà corso a livello di sicurezza personale, e a quanti rischi si sarà esposto sul piano della salute, in questo lungo lasso di tempo. Ma poi, ogni volta che lo incontro, lo ritrovo con lo stesso entusiasmo e la voglia di vivere, e far vivere, con cui l’ho conosciuto tanti anni fa. Davvero credo che su di lui il Signore abbia un progetto grande.
Ogni anno, alla fine della nostra raccolta fondi, organizzata anche grazie all’impegno di amici benefattori come la signora Adriana Del Prato, lui viene di persona a ringraziare l’intera comunità per l’impegno profuso. Ed è come un tornare a casa, perché qui Alpidio viene considerato “uno di famiglia”. La gente - ed io per prima - lo stima non solo per l’importante scelta di vita che ha fatto: dedicarsi agli altri; ma lo ama anche, e soprattutto, per l’uomo che è, con il suo incredibile bagaglio di storie, tutte da ascoltare e tutte da riflettere.
Ti parla di un mondo lontano, quello dell’Africa, con la sua cultura e le sue tradizioni, con le potenzialità ed i suoi limiti. Ma al di là dei contenuti dei suoi racconti, ciò che arriva dritto al cuore è il modo che ha di comunicare: lui, che in questi trentacinque anni ha visto la Gioia viva di quelli a cui ha donato la speranza, e il Dolore straziante di quelli a cui la Vita ha tolto tutto, sa ancora emozionarsi davanti a quei piccoli grandi miracoli che rendono tangibile la presenza di Dio. Nei suoi occhi si possono scorgere tutti i colori e l’incanto di quelle terre, nel suo sorriso la gratuità e la ricchezza di quegli incontri, nel suo abbraccio il desiderio sincero di dir “Grazie” e l’incarnazione profonda del suo amore per il prossimo, chiunque egli sia.
Chiedere soldi per costruire pozzi d’acqua, istituire scuole, creare figure professionali e badare alla salute di persone tanto distanti e, talvolta, tanto diverse da noi, non è facile. Lo è meno ancora in periodi in cui c’è crisi, e sono molti gli Italiani che stentano ad arrivare alla fine del mese. Eppure, più d’una volta, io stessa, dopo aver ascoltato gli interventi del missionario Alpidio Balbo, mi sono ritrovata a consegnargli d’istinto tutti i soldi che avevo con me, con la sensazione di avere, sì, il portafoglio vuoto, ma dall’altro lato il cuore pieno come non mai.
Interagire con persone del genere ti aiuta davvero a diventare grande, a crescere per diventare una persona migliore, perché ti trasmettono il senso del rispetto, la tolleranza, la solidarietà; ti spingono a dare un significato totalmente diverso al denaro, a fidarti di più della Provvidenza divina e a lamentarti meno per le miserie umane. Insomma, t’insegnano a tradurre in azioni tutti i giorni la Fede, la Speranza e la Carità, ad essere un Cristiano con la “C” maiuscola, proprio come il Signore chiede a ciascuno di noi, dal momento che “la fede senza le opere è morta”.
Per questo desidero ringraziare di vero cuore l’amico Alpidio Balbo e tutti i suoi collaboratori del Gruppo Missionario Merano, perché incarnano il sogno di un mondo migliore, con la differenza che alle prime luci dell’alba non svaniscono, ma cominciano a lavorare per trasformare tutto questo in realtà.
Valentina Soldo,
Torino